Il presupposto è che la programmazione sta alla base della crescita di un movimento. In questo caso il movimento a dover crescere è il calcio e la nazionale è una sua espressione.

La mancata qualificazione della nazionale dello sport di stato alla massima competizione internazionale di quella disciplina rappresenta sicuramente un fallimento sia degli interpreti dello sport in questione che delle massime istituzioni che lo governano.

Come risollevare la situazione? Da dove (ri)cominciare?
La prima domanda da porsi è: cos’è la nazionale di calcio? La risposta non è cosi scontata ma si può ragionevolmente dire che essa è il gruppo di atleti più bravi, di nazionalità italiana ovviamente distinti per ruolo, e degni pertanto di rappresentare la nazione nelle competizioni internazionali. Questa risposta rimane coerente con il fatto che il calcio è uno sport di squadra perché contiene l’ovvia precisazione che i più bravi vanno selezionati per ruolo.

Risolta, anche se in maniera sintetica, questa primaria questione si capisce che il Ct della nazionale deve principalmente selezionare i migliori giocatori di nazionalità italiana, trovare il modo di farli giocare insieme ed infine deve fare capire ai selezionati che essi hanno l’onore e l’onere di rappresentare la nazione nelle competizioni internazionali.

Un Ct non può convocare un giocatore solo per dimostrargli stima, ovvero per dire sei bravo ti premio con la nazionale (il riferimento agli stage di Ventura non è casuale)! Un Ct deve convocare un giocatore pensando sei il più bravo nel tuo ruolo e pertanto sei degno di difendere i colori della tua nazione!!!

E il Ct in questo non  deve essere lasciato solo. Il Presidente della federazione, il team manager, il vice presidente TUTTI sono OBBLIGATI  a far capire al giocatore che viene convocato in nazionale che dal quel momento la sua convocazione non è solo un onore ma soprattutto un onere, quello di rappresentare una nazione.

Stante queste premesse, come programmare?
Per prima cosa sono necessari giocatori bravi. Tutti gli addetti ai lavori sono convinti che un giocatore potenzialmente bravo migliora solo se gioca ad alto livello. Ma i potenziali giovani bravi giocatori in Italia non giocano, soprattutto se italiani. Senza cercare di capire perché ciò avviene (gli addetti ai lavori in maniera falsa e maliziosa ci direbbero che non sono abbastanza bravi per poi fare giocare mezzi giocatori però “raccomandati” da chi sa quale sponsor o procuratore o peggio ancora fondo) bisogna intervenire.
Ecco quali potrebbero essere le soluzioni
1) almeno 5 under 23 italiani nelle rose di massimo 26 giocatori nelle squadre che giocano i campionati di serie A e B; 
2) almeno 2 under 23 italiani sempre in campo nella formazione iniziale delle squadre di calcio dei campionati di serie A e B;
3) seconde squadre iscritte al campionato di serie B o lega Pro.
Queste regole in fase di sperimentazione dovrebbero essere vigenti almeno per i prossimi cinque campionati in modo da verificarne la bontà durante i prossimi campionati europei e mondiali.

Le quote sono spesso rimedi che non trovano ampia condivisione, ma diventano necessarie in tempi straordinari. Come dire a male estremi, estremi rimedi.

Formati i calciatori ci vuole il Ct. Quali caratteristiche deve avere. Semplice secondo quanto premesso: deve sapere selezionare i migliori, deve essere in grado di farli giocare insieme e deve trasmettere l’orgoglio di rappresentare la nazione.

Quindi niente moduli prestabili (il riferimento al 3-5-2 o al 4-2-4 di Ventura non è casuale), niente panchine per i migliori (il riferimento alle panchine di Insigne non è casuale) niente convocazioni per chi ha dato addio alla nazionale anche per motivi anagrafici o non si è dimostrato con i suoi comportamento degno e consapevole del ruolo che impone far parte della nazionale (il riferimento alle preghiere fatte da Ventura a Barzagli dopo l’Europeo non è casuale, e con questo niente si vuole togliere ad uno dei migliori difensori italiani degli ultimi dieci anni, ma se un calciatore dice anche solo mezza volta che vuole abbandonare la nazionale quel giocatore non ha più la forza per rappresentare la nazione), infine il ct deve fare le convocazioni anche tenendo conto del fatto che le massime competizioni molto spesso si giocano al caldo, ogni tre giorni e al termine di una stagione logorante e ciò impone delle valutazioni di natura anagrafica.

L’ultimo punto è quello relativo alla condivisione di responsabilità che il ct ha con i membri della federazione nel far capire ai calciatori l’importanza di rappresentare la propria nazione. E qui si capisce  che ci vogliono delle figure vicine ai calciatori molto meglio se ex calciatori e molto meglio se con un ottima storia azzurra alle proprie spalle capace di trasmettere dei valori.
A tal fine  uomini come Roberto Baggio, Paolo Maldini, Andrea Pirlo potrebbero essere delle figure importanti. Mentre per il ruolo di selezionatore: Ancelotti, Allegri sono profili di primissimo livello ma anche candidature come quelle di Gianluca Vialli, Giuseppe Bergomi, Leonardo (brasiliano italianizzato)  o altri uomini di calcio con grande personalità potrebbero ottenere ottimi risultati.

Nessuna nazionale vince con un gioco straordinario perché è impossibile creare una identità quando ci si allena così poco tempo insieme e se nel passato qualche esempio c’è stato (grande Olanda o le furie rosse) essi dipendevano dalla possibilità di sfruttare i blocchi dei club (Ajax o Barcellona), che oggi sono sempre più rari a causa della presenza di molti stranieri nei grandi club.

Quindi una nazionale gioca bene solo se gli interpreti migliori sono liberi di giocare secondo le loro qualità.