Rischiando di toccare le ambigue e pericolose corde della blasfemia, il recente rifiuto della panchina della Lazio da parte di Marcelo Bielsa mi ha fatto ritornare alla mente lo storico episodio di Papa Celestino V. Questi, che ai piú risulterà del tutto sconosciuto, entró nella leggenda per essere stato l'unico papa della storia a rifiutare questo prestigioso e delicato incarico, tanto che venne citato pure nella Divina Commedia. Dante lo introdusse nientemeno che tra gli ignavi dell'Inferno, la cui colpa principale fu quella di essersi macchiati in vita di vigliaccheria, di coniglieria, di viltà: in pratica, di essere stati poco coraggiosi e di non aver mai aspirato alla gloria terrana, rimanendo cosí nell'anonimato. Ecco, se Dante fosse vissuto ai giorni nostri e avesse visto con i propri occhi la vicenda Lotito-Bielsa, non avrebbe esitato un istante ad introdurre nel calderone infernale l'allenatore argentino. Le qualità professionali e tattiche di questo panciuto fruitore di calcio sono indubbie e ormai coclamate, ma é il modo di relazionarsi con i presidenti e con le realtà in cui viene chiamato ad allenare che lasciano parecchio a desiderare. Gli errori ci sono stati da ambo le parti: Lotito non avrebbe dovuto promettere tutti quegli acquisti e quelle cessioni che Bielsa voleva come "garanzia" per accettare il ruolo; il Loco- soprannome che é tutto un programma- dal canto suo, non avrebbe dovuto firmare il contratto se non era pienamente convinto del progetto biancoceleste. La vicenda é lontana da una serena e pacifica conclusione, tanto che Lotito ha promesso e promosso azioni legali contro l'ex allenatore, tra le tante, di Athletic Bilbao e Marsiglia. Una cosa è abbastanza assodata: Bielsa, fosse vissuto ai tempi di Dante, non avrebbe potuto aspirare al Paradiso.