"I have a dream" (io ho un sogno), l'eco di quel discorso, pronunciato da Martin Luther King al Lincoln Memorial di Washington, davanti una platea di gente di circa 300.000 partecipanti procinti all'ascolto, ha ormai assunto la dimensione di un frammento di storia, simile ad foglio strappato, magari un pò ingiallito, sul quale però l'inchiostro della penna utilizzata risulta ormai impossibile da cancellare.

Eh si perché quel suono si ode ancora adesso, e non solamente sugli schermi dei nostri televisori o degli apparecchi elettronici, ma anche e soprattutto nelle parole di tutti coloro che hanno l'obiettivo di rendere questo nostro mondo un luogo migliore, dove poter dare una dignità alla vita di tutti, nel rispetto di questo immenso dono che ci hanno fatto.

Da sognatore nel profondo dell'animo, non posso rimanere indifferente, quando i miei occhi incrociano quelli di chi offre la propria esistenza per una causa giusta, votata al bene del proprio prossimo, in un atto che ha un sapore di pura generosità, perché lo sappiamo, non esiste dono più prezioso di quello del proprio tempo.

E ciò accade anche nella consapevolezza che questa vita è troppo breve per realizzare i sogni degli altri, ma la bellezza di un istinto così puro risiede proprio dove quest'ultimi si riuniscono in un unico movimento, come una fiamma ardente verso il cielo, e così nulla potrà fermare la loro avanzata, nemmeno la stessa morte: essi verranno trasportati di generazione in generazione, trasferiti di bocca in bocca e trascritti di pagina in pagina, perché se è vero che questa terra ha dei confini, il cielo sopra di noi ci offre uno scenario illimitato, dove nessuno potrà mai costruire un muro su una nuvola.

Infatti le barriere sono una dimensione  tipica del nostro mondo costituito da margini materiali, dove ad ogni causa corrisponde un proprio effetto e tutto è regolato da fredde leggi fisiche, che impongono all'uomo l'impossibilità di assumere la stessa consistenza di una nuvola .

Sin dall'antichità una delle sfide più grandi che l'umanità ha deciso di lanciare al proprio destino consiste nel conquistare quello sconfinato sfondo azzurro stagliato sopra la propria testa, racchiuso in quel sogno che significa volare. Potremmo anche affermare che questa sfida in un certo senso sia stata vinta con il fiorire della tecnologia, lasciando però una sostanziale differenza, che ci distanzia da coloro che possono farlo indipendetemente da quest'ultima come gli uccelli: a dimostrazione che per diventare leggeri come quelle forme bianche lassù, non è questa la corretta via da imboccare.

È doveroso però dover aggiungere che nemmeno quei simpatici volatili che vediamo dominare i cieli nascono consci delle proprie capacità: è la madre che guidata dal proprio istinto, li esorta a lasciare il proprio nido d'infanzia scoprendo loro la funzione delle ali.  

Il collegamento tra uomo e volatile arrivati a questo punto del discorso sembra ormai svanire del tutto, come in un labirinto dove non trovando più la via d'uscita, si inizia a credere che quest'ultima in realtà non esista: è quindi arrivato il momento di gettare la spugna e dire addio al proprio sogno?

Assolutamente no miei cari lettori, non si dice addio a nulla, perché se non possiamo volare con il corpo, possiamo farlo con la mente.

Chi potrà mai mettere un lucchetto alla nostra fantasia?

Quella stessa emozione che nasce in ogni bimbo con un pallone al posto del cuore, che si immagina lì tra i protagonisti del calcio che conta, in mezzo ai propri idoli, realizzando davvero quel volo che tanto aspirava con la propria mente. Anche un mito del nostro sport, come Cristiano Ronaldo, ha iniziato palleggiando tra le strade della città portoghese di Funchal, un comune di appena 112 mila abitanti, ed era solamente un ragazzino con i piedi ben piantati a terra, quando si apprestava ad essere lanciato verso un futuro in cui sarebbe diventato uno dei personaggi più significativi della storia del calcio: lo Sporting Lisbona decise infatti di dargli una chance tra i professionisti già all'età di 17 anni, dove riuscì in una sola stagione ad attirare l'attenzione di uno di club più prestigiosi d'Europa, il Manchester United.

Nei red davils Cristiano realizza 84 reti in 196 presenze, vincendo tra l'altro un pallone d'oro (2008) e una Champions League, nella medesima stagione. Le sue qualità di classe sopraffina unita ad una straordinario strapotere fisico spingono il Real Madrid ad arruolarlo tra le propria fila blanche, con un investimento record per l'epoca, affidandosi a lui per tornare a risollevare una realtà ormai messa in ombra dallo strepitoso Barcellona di Guardiola.

Nelle merengues il talento portoghese colleziona 6 trofei nazionali tra cui 2 titoli della liga, e un numero impressionante di coppe dalle grandi orecchie, diventata ormai un'ossessione per molti, che il numero 7 ha conquistato per ben 3 volte con la maglia blanca.

Così all'età di 33 anni, sembra ormai destinato a non poter più stupire il pubblico, come un prestigiatore che ha terminato la lista dei propri trucchi, ma nella splendida notte incorniciata dal sapore di una sfida ad altissimo livello, dove la temperatura sale e si fa dura per i propri compagni, l'asso portoghese decide di riaccendere lo spettacolo con un ulteriore asso nella manica: sul risultato di 1-0 in favore della propria formazione, ma con una Juve determinata nella ricerca del pareggio, Cristiano Ronaldo decide di spiccare il volo, e stavolta davvero, lanciandosi in una spettacolare rovesciata sul cross del proprio compagno Carvajal; il pallone si insacca alle spalle dell'estremo difensore che nulla può sulla prodezza del numero 7, con uno stadio intero che si alza per applaudire al gioiello appena apprezzato, perché questo è il bello dello sport che amiamo, rimanere impressionati, anche quando ci sembra di aver visto già di tutto.

Una rete pesante, che assomiglia a quella realizzata da Fernandez, personaggio interpretato da Pelé nel celebre film "fuga per la vittoria" della regia di John Huston, dove anche i nazisti decisero di applaudire il gesto tecnico che valse la rete del 4-4, con una rimonta al dir poco epica visto il parziale svantaggio di 4-0 precedentemente maturato.

Quella era una pellicola per quanto amata, questa invece è realtà, che realizza quel sogno, incidendo per sempre la propria orma, come copertina di uno sport che unisce e rende capaci anche di apprezzare la vittoria altrui.

E adesso a conti fatti, tornando al precedente quesito, mi chiedo se ci sia ancora qualcuno disposto a sostenere che gli uomini non possano volare.