Domenica scorsa, gustandomi gli highlights di Serie A, una scena in particolare mi ha colpito: l'esultanza fiera e verace, ma al contempo composta e rispettosa, dell'allenatore della Sampdoria Marco Giampaolo. Come quando, di fronte ad un piatto di lasagne cucinate dalla nonna, il solo profumo ti proietta istantaneamente a quando eri piccolo, così il viso sorridente di Giampaolo mi ha immediatamente portato alla mente - in una specie di "reminiscenza calcistica" - un episodio controverso della sua carriera. E, riflettendoci sopra, mi sono convinto che non bisogna mai arrendersi nella vita e che, col duro lavoro, prima o poi gli obiettivi personali e non si centrano.

Vero "Deus ex machina" del miracolo blucerchiato di questa stagione, Marco Giampaolo corre e suda nei campi della Serie C fin quando capisce che non era quella la sua strada: lui voleva fare l'allenatore, d'altronde già in campo faceva - come spesso si dice in questi casi - vedere doti organizzative e comunicative tipiche di un "mister".

Appesi gli scarpini al chiodo, comincia la sua seconda vita dimostrando sin da subito capacità fuori dall'ordinario, accompagnate da risultati molto importanti che lo proiettano in poco tempo nel novero degli allenatori italiani emergenti. Brescia doveva essere la svolta, nei progetti di un uomo che temerariamente decide di scendere di categoria dopo aver assaporato per una sola stagione la massima serie. Giampaolo firma così un biennale, credendo ciecamente di poter riportare le Rondinelle ai fasti di un tempo, ma le cose prendono subito una piega inaspettata: il 23 settembre 2013 il patatrac, dopo una sconfitta allo stadio "Rigamonti" contro il Crotone dei "talenti terribili" Dezi, Bernardeschi e quel Pettinari che oggi a Pescara sta segnando a raffica. Il surreale colloquio in uno stanzino con l'eminenza grigia del tifo bresciano, infuriato per i pessimi risultati e bramoso di rivedere sulla panchina il beniamino Alessandro Calori, è la classica goccia che fa' traboccare il vaso: qualcosa in Giampaolo si rompe, spegne il cellulare e da quel momento scompare nel nulla senza avvertire nessuno. Si farà avanti addirittura il celebre programma televisivo "Chi l'ha visto?", ma la società Brescia chiarisce subito la situazione affermando di essere in contatto con l'allenatore desaparecido e che, nella persona del Presidente Corioni, mai si era vista una cosa del genere in tanti anni di calcio. Intanto l'opinione pubblica, non paga di quelle parole rassicuranti, fece a gara nel formulare le ipotesi più stravaganti, ma al contempo agghiaccianti, un po' come nel capitolo dei Promessi Sposi in cui si erano perse le tracce di Renzo: "ma una mattina era scomparso, e quel suo parente stesso non sapeva cosa ne fosse stato, e non poteva che ripetere certe voci in aria e contraddittorie che correvano, essersi il giovane arruolato per il Levante, essere passato in Germania, perito nel guardare un fiume".
Renzo avrà nel frattempo cambiato identità per sfuggire alla polizia: immaginare un Marco Giampaolo che modifica nome e cognome in Antonio Rivolta è improbabile e improponibile, se non alquanto anacronistico.

Le dimissioni dalla guida del Brescia Calcio giungono immediate a Corioni, il quale gli dimostra tutta la sua stima implorandone in primavera il ritorno sulla panchina, che Giampaolo rifiuterà, perché è un uomo che non ama troppo tornare sui propri passi. Il decimo posto con l'Empoli gli spalanca le porte della Sampdoria, che oggi sta minuziosamente trasformando in un giocattolo quasi perfetto.

Nessuno sa dove fosse andato o cosa avesse realmente fatto Marco Giampaolo in quei fatidici tre giorni. È privacy, e non mi piace entrare a gamba tesa nella sfera personale degli individui. Mi piace però immaginarlo disteso sulla spiaggia del lungomare di Giulianova, pensieroso e titubante sul futuro e le inevitabili conseguenze della sua scelta, mentre un pallone calciato da un bambino gli cade accanto e, rialzandosi per consegnarglielo, gli ritorna in mente, come una "reminiscenza calcistica" che, in fin dei conti, il calcio è puro divertimento.