Quanti prima del fischio d'inizio di ieri stavano pansando al Bonucci visto contro la Lazio? E quanti stamattina hanno ripensato al Bonucci della scorsa stagione? Stessi piedi, stessa testa, stessa necessità di essere affiancato da un elemento di reparto che lo completasse e lo coprisse nella fase difensiva, certo, ma quanto sarebbero servite le sue capacità di impostazione dalle retrovie, il suo carattere e la sua leadership ieri sera?

Tante penne oggi si trovano in difficoltà; non possono attaccare la Juve su questo fronte. Non dopo aver demolito Bonucci appena qualche giorno prima.
Sì, perché Bonucci è lo stesso giocatore: con gli stessi pregi è gli stessi difetti.
Il cambio di casacca ha influito sulla sua carriera così come sugli schemi che Allegri dovrà necessariamente rivedere. Dovrà prodigarsi per il rispolvero di qualità ormai assopite di alcuni elementi del reparto difensivo (tra tutti, Benatià) con la consapevolezza che potrebbe non bastare e che, dopo anni di scelte inoppugnabili sul mercato, il trittico Allegri, Paratici e Marotta abbia sbagliato nella gestione non di un caso, bensì di due.
Errori che probabilmente faranno la felicità del PSG e del Milan. Probabilità e non certezze. Perché il futuro non è ancora scritto e a giugno si potrà raccontare dei trofei alzati da Dani Alves così come della sua ennesima partenza alla ricerca dell'emancipazione dal Barcellona: unico club con cui ha saputo alzare la Coppa dall grandi orecchie.

Si potrà raccontare di Bonucci, difensore orfano dei solidi compagni di reparto che aveva alla Juve o perno di un giovane progetto da subito divenuto vincente.