"C'era un volta". Di solito le favole cominciano così, solo che questa rischia seriamente di trasformarsi in un incubo (ammesso che già non lo sia). E' da tempo che i rossoneri non mostrano più quella determinazione, quella voglia di "vincere e convincere" che per lustri è stato il motto del Milan di fattura berlusconiana. Purtroppo (e fortunatamente) la storia cambia, la ruota gira e la sorte - o le scelte sbagliate - ci mettono sempre lo zampino e guai se non fosse così. Perchè è giusto che ogni squadra abbia il suo ciclo di successi, passi attraverso il purgatorio, la cosidetta fase di assesstamento prima di ritornar a vincere (Juventus docet); ma da qui a vedere una squadra che dovrebbe essere "la più titolata al mondo" totalmente in balia degli avversari, chiunque essi siano, ce ne vuole. Prendendo in considerazione proprio i trascorsi del Club a livello internazionale, vedere una squadra così sgangherata e priva tanto di idee quanto di gioco, fa davvero male, sia da tifoso che da amante del calcio. Il pugno allo stomaco si avverte ancora di più quando si pensa che, per anni, questa è stata la squadra italiana che meglio ha rappresentato l'Italia in Europa (con rispetto per la storia ed i successi di tutte le altre grandi della massima serie). Ora, il punto è: come rimediare a questo guasto nell'ingranaggio Milan? O, ancora meglio: siamo sicuri che l'attuale organico societario sia al passo coi tempi e sufficentemente qualificato per portare i rossoneri nel XXI secolo? La mia impressione è che si sia rimasti ad un'idea di squadra come di calcio troppo ancorata ai sentimentalismi, ai bei tempi che furono e nulla più. Una sorta di "amarcord" che appiattisce, che non smuove, che fossilizza idee e voglia di ripercorrere le tappe che, in passato, hanno portato il Milan ad essere ciò che è stato nel panorama calcistico mondiale. Purtroppo, se è vero che la storia la scrivono i vincitori, non si può nemmeno pretendere di vivere di ricordi: il difficile non è tanto conquistare un impero, ma riuscire a mantenerlo nel corso degli anni, con tutte le difficoltà che ne derivano. Si potrebbe puntare il dito contro giocatori e allenatori che, ultimamente, si sono succeduti con la stessa velocità di un batter di ciglia. In realtà, credo che i problemi siano altri. Oggi, in un mondo il cui il calcio è soprattutto sinonimo di business, il Milan e la sua amministrazione hanno dimostrato di non masticarne parecchio o, perlomeno, di non curarsi più di tanto dell'immagine della squadra quanto degli stessi tifosi. Si pensa solo a mantenere il bilancio in pari, senza sbilanciarsi troppo in acquisti ed investimenti, oggi più che mai necessari per far tornare quaesto club ai vertici, prima in Italia e poi in Europa. Le scuse non sono mai la strada giusta per la risoluzione di un problema. Quindi, se proprio bisogna ripartire, bisogna farlo da un progetto chiaro e definito ma, ancor di più, dalla reale intenzione di realizzare quel progetto. E se sono le finanze ciò che manca o che non vuole essere messo a disposizione, che si apra a potenziali investitori in grado di mettere mano al portafogli e di finanziare questo progetto. Parliamoci chiaro, non si fanno soldi senza investirne; non si raccolgono i frutti se non si semina. Non nascondiamoci più dietro ad un dito, fingendo che il problema siano i giocatori o gli allenatori, rei di incaponirsi in schemi tattitici inadeguti o gioco troppo difensivo e/o offensivo. Come detto precedentemente, la storia la scrivono i vincitori. Aggiungo anche che spesso più dei soldati ci si ricorda dei condottieri: l'attuale presidenza ha fatto un ottimo lavoro in passato, ma ha fatto anche il suo tempo. Prendere in giro i tifosi è il primo segno di disinteresse totale verso la proria squadra che, di conseguenza, ti ripaga con risultati scadenti e a dir poco terribili sul campo. Se quello degli ultimi 20 anni è stato un Milan figlio di un Presidente che lo ha preso per mano e condotto a grandi successi, con non pochi sacrifici, ad oggi questo è un Milan anonimo, senza più una guida, un tutore che gli indichi un percorso da intraprendere. Si deve capire quando rimanere e quando farsi da parte: questa amministrazione ha fatto il suo tempo. E' ora che si lasci andare la prorpia "creatura", la si renda libera di esprimersi con chi le possa garantire un presente ed un futuro migliore. Se poi si vuol persistere verso una politica disfattista, che lo si faccia pure. Ma non chiedeteci più il nostro sostegno, non chiedeteci più di prendervi (e di prenderci) in giro.