Caro Gigio,
lascia che ti spieghi, in questi giorni, mesi e anni difficili che ci (a)spettano – e come se fossi mio fratello minore – cosa rappresenta il Milan per me, per noi…e spero per te. Lasciati non convincere, bensì persuadere dall’idea che milioni di ragazzi come me, nel mondo, vorrebbero essere al tuo posto: difendere la porta che è stata di Cudicini, di Galli, di Rossi, di Abbiati, di Dida e di Abbiati ancora. E soprattutto sotto e per i tuoi tifosi, nel nostro stadio. Per la squadra e i colori del cuore.
I soldi non sono tutto nella vita, e questo so che lo sai per via dell’educazione e infanzia che hai avuto, come gran parte di noi del resto. Anzi – ti dirò – i soldi non sono nulla in confronto a quello che puoi vivere e regalare, difendendo la porta di noi poveri (e ben più grandi di te) tuoi “compagni”. Dal canto mio so altrettanto bene che i giocatori, così come i presidenti e gli allenatori (e come un po’ tutto nella vita) passano: ho vissuto l’addio dei grandi senatur, l’addio al calcio del mio Capitano Paolo; ho visto Andriy scappare verso Londra dopo aver guardato Milan Roma dalla curva; Ricky battersi il petto per poi volare direzione Madrid sei mesi dopo; Leonardo passare all’Inter; Capello alla Roma prima, e alla Juventus poi. E potrei continuare quasi all’infinito. Non sono un illuso né un cieco sognatore; sono conscio del disincanto delle umani cose: tutto finisce – dunque – e tutto passa. Diventiamo grandi. Quei campioni con cui sono cresciuto e che ogni domenica, ogni martedì o mercoledì di coppa, sapevo sarebbero stati lì a combattere con e per me, sono andati. E tutti sono destinati ad andare.
Il punto è, caro Gigio, come voler vivere questi 20 e passa anni che "qualcuno" da lassù ti ha donato. Come e dove voler sfruttare l’immenso talento che hai ricevuto. Come voler, infine, essere ricordato. Cosa c’è di più grande e bello – mi domando – che volerci riportare nell’Olimpo di questo fantastico sport, o ambire alla fascia che fu di Rivera, Baresi e Maldini? Essere la storia, insomma, oltre che scriverla?
Che cosa è il Milan allora? Il Milan, caro Gigio, è prima di tutto pensiero fisso, ragione pressoché unica per continuare ad andare avanti. È passione. È famiglia. È amicizia. Chi lascia il Milan non rende mai come qui, e prima o poi vuol tornare. Lo sappiamo. Ma il Milan, caro Gigio, è anche dolore. E il dolore rende vivi, “ci rende consci di esserci”. Nulla come la sofferenza ha questo potere. E l’ambizione di quella fascia, di farci tornare a vincere, di voler essere ricordato in eterno io penso valga bene il soffrire con questi colori. Sei cresciuto – invero – da tifoso di un Milan non tanto fortunato quanto il mio, così come io (nato nel ‘92) non ho potuto vivere l’epopea Sacchiana prima, e Capelliana poi. Quello che voglio dirti è che hai tempo. Abbiamo tempo: tempo per aspettare, vedere come vanno le cose in società...tempo per farci tornare grandi. Non ascoltare le persone (procuratori su tutti) che non ti vogliono bene, o che fingono di volerlo. Ascolta la famiglia (questo sì), ma soprattutto il tuo cuore. Fai la scelta giusta. Ci divertiremo ancora…l’ho promesso a mio fratello (nato nel 2002), e mio padre lo promise a me dopo Istanbul. Io (e tutti noi tifosi) lo promettiamo a te.
Voglio chiudere con un estratto della lettera che scrisse il nostro Presidente l’indomani di Atene, nella grande e pur sempre parziale rivincita sul Liverpool:
“Caro vecchio Milan, il Milan dei Puricelli, dei Carapellese, dei Tosolini, dei Gimona, che non era riuscito a vincere niente di importante. Caro papà, dalle notti in bianco, con il lavoro portato a casa per far quadrare il bilancio di una famiglia del dopoguerra. Com’è dolce, ora, ricordarvi insieme. Nel momento del trionfo, degli osanna, della notorietà internazionale del Milan di oggi, lasciami, caro vecchio Milan, confondere la mia storia alla tua, lasciami inorgoglire per aver contribuito a farti grande e famoso, lascia che io dedichi questa vittoria, che i campioni rossoneri dal campo hanno voluto dedicarmi, a chi nei momenti più difficili mi consolava e mi incitava: "Chi crede, vince. Vedrai, ce la faremo”. Ce l’abbiamo fatta. Domani sogneremo altri traguardi, inventeremo altre sfide, cercheremo altre vittorie. Che valgano a realizzare ciò che di buono, di forte, di vero c’è in noi, in tutti noi che abbiamo avuto questa avventura di intrecciare la nostra vita a un sogno che si chiama Milan”
Che questa mia lettera ti trovi, e ti possa “servire”.
Un saluto, Paolo
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