Ah, la tecnologia: uno di quegli aspetti della vita quotidiana che proprio non riesce a metterci tutti d’accordo.
Anzi, al contrario, marca ulteriormente le differenze tra le varie generazioni che popolano la realtà che ci circonda. Un elemento tendenzialmente destabilizzante che, tuttavia, a detta di molti (tra cui il sottoscritto), avrebbe potuto trovare riscatto in un ambiente costantemente farcito di polemiche, di critiche distruttive e di opinioni francamente discutibili: il calcio.
Le aspettative legate all’introduzione di meccaniche che avrebbero permesso all’oggettività di prevalere sulla soggettività, ovviamente, erano decisamente elevate: certo, nessuno si aspettava che tutti i tifosi d’Italia, improvvisamente, potessero prendersi per mano e saltellare allegramente, tra arcobaleni e canzoncine, archiviando eventuali rivalità ed antipatie; il pensiero comune, di fatto, era la possibilità di poter usufruire, finalmente, di uno sport pulito che, di conseguenza, potesse generare discussioni altrettanto pulite. Poveri illusi.

L’ingresso trionfale della tecnologia nel calcio, in men che non si dica, si è trasformato nell’ennesimo pretesto per dubitare della regolarità della Serie A, per sviluppare teorie complottiste socio-politico-calcistiche e per alimentare ulteriormente le svariate polemiche. Sia chiaro, da questo marasma di critiche va esclusa la Goal Line Technology, un’innovazione con un margine di errore così basso da presentarsi pressoché infallibile. Il protagonista della delusione e dell’insorgenza popolare, infatti, è uno soltanto: il VAR“L’obiettivo è quello di eliminare gli errori importanti degli arbitri, ma senza eliminare la bellezza e la fluidità del gioco del calcio”, questa la presentazione in pompa magna riservata dall’ex arbitro internazionale Roberto Rosetti alla nuova meccanica di valutazione, con la dovuta precisazione legata al fatto che si trattasse di uno strumento in fase di sperimentazione.
Quest’ultima, complice un regolamento piuttosto confusionario sull’utilizzo, nonostante una discreta quantità di interventi andati a buon fine, attualmente non può essere descritta come positiva a tutti gli effetti. Ed un solido riscontro in merito può essere ricercato nel fatto che, tendenzialmente, il VAR risulta essere sulla bocca degli appassionati più per i danni che per i benefici dispensati.
Oggi, però, non sono qui per scrivere la mia epistola critica verso la tecnologia applicata al calcio. Oggi si viaggia di leggerezza, si viaggia con la fantasia.

Immaginiamo di avere a disposizione un VAR funzionante al 100%, un meccanismo di valutazione rapido, efficiente, efficace ed apprezzato da tutti. Lo so, lo sforzo è bello consistente, ma manca ancora un piccolo passo. Immaginiamo, ora, di poter andare ad applicare questo strumento perfetto in spiacevoli situazioni del passato che ne avrebbero richiesto un intervento tempestivo. Insomma, la domanda che mi pongo (e che vi pongo) è la seguente: cosa sarebbe successo se la tecnologia fosse intervenuta su alcuni tra i più clamorosi episodi del passato? Proviamo a scoprirlo insieme, mettendo sotto la nostra ipotetica lente d’ingrandimento 3 situazioni al limite che, inevitabilmente, hanno condizionato lo sviluppo di una specifica porzione della storia del calcio.

LA MANO DE DIOS… Potrei tranquillamente bypassare la descrizione di questo episodio, tra i più famosi in assoluto in ambito sportivo mondiale, ma per deformazione professionale non lo farò. Per quei pochi farisei che non avessero mai sentito parlare della Mano De Dios, episodio che ha pesantemente contribuito a cementificare la leggenda di Diego Armando Maradona, ecco una descrizione dell’accaduto: 22 Giugno 1986Stadio Azteca di Città del Messico, Argentina ed Inghilterra si danno battaglia nei quarti di finale di un Mondiale che, di lì a poco, diverrà storia; il centrocampista inglese Steve Hodge, al sesto minuto del secondo tempo e con il risultato fisso sullo 0-0, alza un improvviso campanile nella propria area e costringe il portiere Peter Shilton ad avventarsi rapidamente sullo spiovente; l’estremo difensore inglese, tuttavia, non sarà mai in grado di rispedire al mittente la sfera, in quanto quest’ultima terminerà in rete dopo un anticipo a mezz’aria del fuoriclasse argentino sul diretto concorrente e, soprattutto, dopo un evidente tocco col braccio sapientemente mascherato in un colpo di testa. L’Argentina, dopo questo vantaggio improvviso, si impose per 2-1 sull’Inghilterra, per poi ripetersi col Belgio in semifinale e con la Germania in finale, assicurandosi l’ambito trofeo.
Qualche tempo dopo, nel raccontare il curioso episodio, El Pibe De Oro rese noto un particolare aneddoto: “Venite ad abbracciarmi o l’arbitro non lo convaliderà!”, queste le parole del campione argentino rivolte, pochi istanti dopo la rete, ai suoi compagni. Nessuno è in grado di immaginare come sarebbe finita la partita senza la massima espressione del genio (e della furbizia) del capitano argentino, però una cosa è certa: col VAR non l’avrebbe fatta franca, rischiando anche una sanzione disciplinare a discrezione dell’arbitro di turno. Ma si tratta davvero di una pagina di storia che saremmo disposti a strappare, pur di far valere la correttezza? Lascio a voi la risposta al quesito.

…E QUELLA DI TITÌ Non lasciatevi ingannare da un’analisi superficiale: il prossimo episodio che andremo ad analizzare, seppur nettamente meno popolare del precedente, paradossalmente risulta essere quello più difficile da digerire tra i due. Una macchia indelebile sulla strepitosa carriera di Thierry Henry, ex capitano della Nazionale francese, resosi salvatore della patria e, contemporaneamente, bersaglio della rabbia dei propri avversari.
Ma procediamo con ordine: 18 Novembre 2009Stade de France di Saint-Denis, Francia ed Irlanda si ritrovano impegnate nella gara di ritorno dello spareggio valido per la qualificazione al Mondiale in Sudafrica dell’anno successivo; forti dell’1-0 rifilato agli avversari nella gara di andata, i Blues sottovalutano eccessivamente la voglia di riscatto degli irlandesi, i quali si portano inaspettatamente in vantaggio grazie ad una serpentina di Robbie Keane; esauritisi i tempi regolamentari con lo stesso score dell’andata, le due compagini continuano a darsi battaglia nei tempi supplementari che, di lì a poco, si trasformeranno in un vero incubo per i Boys in Green; al dodicesimo minuto della prima frazione supplementare, infatti, Florent Malouda batte un calcio di punizione dalla gittata piuttosto lunga e destinato a spegnersi sul fondo, se non fosse per l’intervento repentino di Titì che, dopo averla controllata palesemente con la mano sinistra, scaglia la sfera al centro dell’area per il tap-in vincente di William GallasFiumi di proteste, ma la rete viene convalidata e diviene il biglietto d’accesso al Mondiale per i transalpini.
Ribadisco il concetto già espresso precedentemente: nessuno potrà mai immaginare cosa sarebbe successo senza l’infrazione in questione ma, a differenza di quanto accaduto 23 anni prima, quest’ultima resta comunque un fattore estremamente determinante e condizionante ai fini della sfida. Anche in questo caso, non v’è dubbio: il VAR avrebbe sicuramente annullato il tutto e, magari, avrebbe segnalato una sanzione disciplinare. E chissà, magari oggi staremmo parlando di quell’Irlanda outsider, magari divenuta corsara della competizione sotto la sapiente guida di Giovanni Trapattoni.

LA RETE-FANTASMA DI MUNTARI Chiudiamo questo mini-flashback con un episodio nostrano che, a distanza di anni, ha ancora dell’incredibile. Un consiglio spassionato a tutti i milanisti all’ascolto: prima di proseguire nella lettura, fate un bel respiro ed armatevi di sangue freddo, perché non sarà affatto facile.
Detto questo, ricostruiamo l’accaduto: 25 Febbraio 2012Stadio San Siro di Milano, Milan Juventus sono faccia a faccia in una delle più classiche sfide-Scudetto della storia italiana; dopo aver dimostrato di essere scesi in campo con la giusta convinzione, al quattordicesimo minuto del primo tempo i rossoneri si portano avanti con una rete di Antonio Nocerino, sfruttando un’indecisione fatale di Leonardo Bonucci e fissando il punteggio sull’1-0 parziale; la partita, al venticinquesimo minuto della prima frazione, potrebbe dirsi già virtualmente chiusa grazie ad un’incornata improvvisa di Sulley Muntari sugli sviluppi di un corner, se non fosse per il fatto che né l’arbitro né il guardalinee si accorgono di come la sfera abbia effettivamente superato la linea di porta di svariati centimetri; ingannato dalla respinta di Gianluigi Buffon, che probabilmente gli impedisce una visuale ottimale, il giudice di gara non convalida il raddoppio e scatena le proteste furiose dei calciatori rossoneri; la partita terminerà con il risultato di 1-1, grazie al pareggio a pochi minuti dal termine di Alessandro Matri, permettendo ai bianconeri di ridurre il distacco dalla diretta concorrente e, alla lunga, di conquistare il titolo.
A detta di molti, incluso il sottoscritto, questo episodio ha rappresentano il momento esatto in cui il Milan è entrato all’interno di una spirale negativa senza precedenti, trovandosi prima costretto a privarsi di campioni del calibro di Zlatan Ibrahimovic e Thiago Silva per risanare un bilancio in forte rosso, e successivamente a dare il via ad un’opera di ricambio generazionale tuttora in corso. L’unico lato positivo della vicenda è il fatto che quest’ultima sia stata utilizzata come pretesto per introdurre le figure degli arbitri addizionali di porta e, dopo qualche anno, la famosa Goal Line Techonology. Un meccanismo che, se già presente ai tempi, avrebbe permesso alla storia di subire un drastico e duplice cambio di rotta: magari in positivo per i rossoneri, che avrebbero potuto mettere le mani sullo Scudetto e tamponare il processo di rifondazione della rosa e della dirigenza, e magari in negativo per i bianconeri di Antonio Conte, che avrebbero potuto inserire nella propria bacheca un trofeo in meno.

Come si suol dire, però, “con i se e con i ma non si scrive la storia”. Quest’oggi ci siamo divertiti a ripercorrere alcune delle tappe fondamentali della storia del calcio nazionale ed internazionale, provando ad immaginare scenari del tutto fantasiosi nei quali, volendo estremizzare, Diego Armando Maradona non avrebbe potuto fregiarsi dell’appellativo di Dios, l’Irlanda avrebbe potuto farsi strada tra le big mondiali (anticipando la più recente impresa dell’Islanda) ed il Milan avrebbe potuto proseguire la propria cavalcata inesorabile al vertice della Serie A. Chissà quali ripercussioni avrebbe avuto tutto questo sulla storia moderna.

Questo sarebbe il momento perfetto per darmi (e darvi) uno schiaffo bello sonoro, per riportarci tutti nella fredda realtà calcistica quotidiana. Una realtà dove, a detta di tanti, politica e calcio camminerebbero di pari passo; una realtà dove, a detta di tanti, la corruzione la farebbe da padrona; una realtà dove i concetti di maggioranza ed ignoranza si equivalgono. Ma non voglio. Preferisco restare qui, a ridere di quel giorno in cui Robbie Keane, alzandola al cielo, fece cadere la Coppa del Mondo in un barile stracolmo di Guinness tra le risate generali.