Il 9 novembre è un giorno come tanti altri, in cui ci si alza per andare a lavoro, si coccolano i figli, si pratica l'hobby preferito e si guarda la solita TV, con tanto di smartphone perennemente in mano. Ma per me e per tanti fratelli bianconeri questa non è una data che può passare inosservata, ma rappresenta il momento in cui, nel lontano 1974 a Conegliano, emetteva i primi vagiti quello che, una ventina di anni dopo, sarebbe diventato Capitano, uomo simbolo e icona del mondo targato Juventus.

Ancora lo ricordo come fosse ieri il suo esordio: ero poco più che un bambino e, in compagnia di mio zio, non proprio di fede bianconera ma profondo amante del talento a prescindere, osservavo quel ragazzino fare il suo esordio in Serie A, al posto di quel Fabrizio Ravanelli che a Torino era già "penna bianca".

Da quel momento Ale è diventato il mio idolo e non so ancora spiegarmi il perchè; le riflessioni da adulto all'epoca non erano affatto scontate, ma in me era scattato qualcosa che mi identificava totalmente con Del Piero. Non so cosa, forse il sogno di un ragazzo che si realizzava e che faceva crescere in me la voglia di sperare, di sognare che un domani ciò sarebbe potuto capitare anche a me.

Ahimè, non è accaduto, ma, da buon italiano, posso dire di averci provato. La mia carriera da calciatore non è mai partita del tutto, mentre quella di Del Piero già andava a gonfie vele, scalzando pian piano anche Baggio da quel ruolo che da lì a poco sarebbe diventato suo definitivamente. La sua consacrazione definitiva, ai miei occhi, avvenne nella gara contro la Fiorentina: in svantaggio per 2 reti, dopo aver riagguantato il pareggio ed un punto insperato, ecco che si manifesta un qualcosa di sovrannaturale, di inaspettato e di estremamente sublime.

Un pallone dall'alto, per pochissimi controllabile, venne deviato con un tocco d'arte alle spalle dell'incolpevole estremo difensore viola, il quale potè, come tutti noi, ammirare ed applaudire fino allo strenuo delle forze quell'arcobaleno disegnato da Alex. Estasi pura.

I ricordi che hanno contraddistinto la mia infanzia fanno sempre riferimento a lui, al Pinturicchio tanto caro al compianto Avvocato Agnelli, che spennellava qua e là punizioni dalla traiettoria imparabile e colpi dal limite dell'area che presto avrebbero preso il nome del suo autore: oggi son detti appunto "tiri alla Del Piero". L'infortunio di Udine fu un trauma per lui, ma anche per me; ricordo chiara la disperazione nel mio animo, le lacrime di dolore che scorrevano sul suo volto e gli applausi di tutti i tifosi ad incoraggiarlo.

Vedo scorrere dinanzi ai miei occhi tanti flash, ma inevitabilmente non posso che fermarmi alla standing ovation del Bernabeu, alla rete che ha castigato definitivamente la Germania ai Mondiali del 2006 e poi... e poi un giorno durissimo da accettare: il suo addio alla Signora che ha sempre amato con tutto il suo cuore.

Sono scene che non possono andare via e che probabilmente porterò nel cuore per sempre: lui lì, in piedi, a braccia tese verso il suo popolo, la sua gente, che tanto l'ha amato e che lo amerà in eterno. Perchè Del Piero non è stato solo un giocatore, ma è stato innanzitutto un uomo, un leader, un campione che avrebbe potuto vincere ovunque, ma che, anche dopo la forzata retrocessione a tavolino, ha preferito un anno di purgatorio all'abbandono dei suoi colori.

Cosa dire di Ale più di quello che ho già detto e che, con molta probabilità, tanti altri diranno? Nulla, se non ribadire l'orgoglio che provo ad averlo visto giocare, segnare, trionfare con quella maglia bianconera e quel numero 10 che ne descrive pienamente la persona, senza dover ricorrere essenzialmente al termine fuoriclasse.

Grazie per tutte le emozioni che mi hai regalato e grazie per esser stato un esempio. Buon compleanno mio eterno e indimenticabile Capitano!