Quanti calciatori abbiamo visto ricevere appellativi di “fenomeno” o “nuovo” seguito dal cognome di un grande calciatore del passato, e poi sono spariti dai radar ? molti, soprattutto negli ultimi anni con un giornalismo sportivo facilmente emozionabile e fatto sempre più di scoop o presunti tali, spesso a discapito di una descrizione sobria e fedele alla realtà; al giorno d’oggi, parafrasando le parole di Allegri, basta mezz’ora fatta bene in campionato per passare alle cronache calcistiche come calciatore d’alto livello; poi però la storia insegna che in pochi riescono a confermare le aspettative e le definizioni esose, gli altri spesso si assestano su livelli di mediocrità facendo carriere dignitose ma lontane parenti di ciò che gli veniva prospettato agli inizi.

Per diventare un campione affermato ci vuole un mix di qualità tecniche, spirito di sacrificio, mentalità vincente e costante voglia di migliorarsi, il tutto unito ad una grande capacità di non staccare mai la spina; i gesti tecnici sono importanti ma non bastano, è un puzzle complesso e, se manca anche un solo tassello, si passa da protagonisti a semplici comparse.

Tutte queste difficoltà le sta incontrando Domenico Berardi: l’esterno offensivo, classe 1994, in forza al Sassuolo sta attraversando una stagione certamente intrisa di difficoltà; dopo un esordio prorompente nella massima serie, con un numero notevole di gol e soprattutto di prestazioni convincenti, si era accattivato il giudizio della stragrande maggioranza degli “addetti ai lavori” che vedevano già in lui la nuova stella della nazionale azzurra. Una seconda e terza stagione, nella massima serie, con prestazioni in crescendo sembrava aver spalancato per lui le porte di una “big”: da sempre sua osservatrice interessata, la Juventus fece di tutto per cercare di accaparrarselo nell’estate del 2016 ma, nonostante il pressing asfissiante di Allegri e dirigenza, Berardi decise di declinare la proposta. La scelta, a detta dello stesso giocatore, fu dovuta al fatto che temeva di giocare poco, portando in realtà un esempio non proprio calzante ovvero quello di Simone Zaza: il centravanti lucano, infatti, pur non giocando da titolare in partenza riuscì comunque a mio avviso a mettersi in luce nella sua stagione in bianconero, arrivando addirittura a segnare un gol decisivo come quello nello scontro diretto casalingo contro il Napoli; a dimostrazione che forse a bloccare Berardi non era la paura di giocar poco ma il timore di mettersi alla prova con gente, in partenza, più forte di lui.

Questa piccola frecciata mi serve per arrivare a parlare del presente: perché da due anni Berardi è diventato il lontano parente di quello visto nei suoi primi anni di a: le sue capacità tecniche, indiscusse, oggi sono note a tutti ma sta mancando quel salto deciso che porta poi un calciatore a consacrarsi tra i grandi; nella passata stagione ci si mise anche un fastidioso infortunio a rallentargli il percorso ma in quella corrente credo che le scuse stiano a zero, il suo rendimento è calato e con esso le voci di mercato che invece si rincorrevano negli anni passati. Dopo il rifiuto bianconero si vociferò di interessi di Monaco, Tottenham, fino ad arrivare alle italiane Inter, Roma e Napoli, al momento però le voci sono rimaste tali, forse perché nessuno ad oggi se la sente di investire le cifre che pretende il Sassuolo per un calciatore che sembra essersi assestato in un limpido prestazioni a volte pessime, sovente buone ma comunque mai eccellenti.

L’errore gravissimo di ieri, con il pallone lanciato in curva trovatosi solo davanti al portiere, è l’ennesima riprova del periodo poco felice di un calciatore che, o adesso o mai più, dovrà dare una svolta, soprattutto a livello mentale e caratteriale alla sua carriera; in caso contrario, rimarrà un ottimo calciatore ma per lui le porte del grande calcio non si apriranno mai e chissà che non possa ricalcare la carriera di un altro calciatore, a mio avviso molto forte, che è rimasto relegato alla “provincia”: Totò Di Natale, forse il migliore degli attaccanti di provincia, calciatore che avrebbe potuto regalarsi molte più soddisfazioni di quelle che in realtà ha poi raccolto. Il paragone tra l’altro è ancora più accentuato dal fatto che entrambe i calciatori si sono trovati a “rifiutare” una proposta della Juventus.

Ma al di là dei paragoni, concludo il pezzo con un auspicio, questa volta non da tifoso bianconero ma da supporter dalla nazionale, vero bene comune calcistico in Italia: ossia che Berardi riesca a spiccare il volo, acquisendo quella forza mentale che oggi gli manca e rendendo la sua carriera non un potenziale rimpianto nel futuro; è tutto nelle sue mani.