In principio erano Facchetti, Bernardini e Boniperti passando per Bergomi, Bruscolotti e Cabrini e per finire gli ultimi della specie Nedved, Perrotta e Simone Inzaghi. Da un paio di anni a questa parte le bandiere nel calcio sono diventate un optional, una rarità paragonabile al Gronchi Rosa e le poche che sono rimaste devono subire trattamenti da mal sopportati, dove i nuovi ricchi (si fa per dire) presidenti provenienti da Asia e Usa o certe volte allenatori in cerca di quella gloria che non hanno potuto ricevere dai trofei provano a gettare nello sciacquone le ultime cose belle del calcio: le bandiere. Non voglio fare l'ennesimo articolo su Francesco Totti, ne hanno fatti già abbastanza, ma vorrei far notare l'accanimento di presidenti e allenatori contro giocatori che hanno dato tutto e ricevuto niente da società mai come ora irriconoscenti e irrispettose nei confronti di Professionisti nel vero senso della parola. Non credo che Totti si meriti di trascorrere quella che ormai la coppia Spallotta ha deciso essere la sua ultima stagione in panchina, lasciandolo a poltrire anche durante quello che è stato il suo ultimo derby della capitale, che tante volte come l'anno scorso è stato deciso dalle sue prodezze. Non credo che Di Natale, che per una provinciale come l'Udinese (per altro neanche squadra della sua città) ha rifiutato in ordine offerte da Inter, Juve e Milan rinunciando a sogni e gloria, meriti di rimanere in tribuna in quasi tutte le partite della sua ultima stagione. Difficile a credere che Luca Toni uno che con l'Hellas Verona ha segnato 21 gol diventando il capocannoniere più anziano della A e contribuendo a due straordinarie salvezze degli scaligeri. Non è colpa sua se la squadra si ritrova all'ultimo posto, semmai è grazie a una dirigenza che non è riuscita a rinforzare una rosa che anno dopo anno perdeva i suoi pezzi migliori. Non dimentichiamoci di oltraggi post ritiro come quello della Juve che dopo aver spedito il suo capitano Del Piero in Australia non ha avuto nemmeno la buona volontà di nominarlo ambasciatore del club, oppure quello del Milan verso Paolo Maldini di cui si ricordano soltanto nelle funeste occasioni, per non parlare del trattamento riservato a Seedorf, ingaggiato senza nessuna esperienza come allenatore per fungere da capro espiatorio a fine stagione, anche se questa è tutt'altra storia. Per questo mi sento di consigliare a gente come Florenzi o Bonucci di inseguire il successo e perché no anche i soldi, perché per una buona volta non sono i calciatori ad aver sbagliato sbagliare.