Per chi come me segue il calcio da quando era piccolino ci sono sicuramente nomi che richiamano un angolino della memoria, un punto preciso dei ricordi, una sottile linea che lega tanti eventi del vissuto calcistico e che ci strappano un sorriso, sicuro o amaro a seconda del momento.

Io da tifoso viola ho il cuore pieno di stupendi personaggi, da quelli che mi hanno regalato l'amore per la mia squadra come Batistuta, Rui Costa, Fatih Terim, Oliveira, Chiesa (padre, in questo caso), passando per quelli che nella sofferenza mi hanno consolidato Firenze nel cuore, quali il compianto Mondo, il soldatino Di Livio e l'immenso bomber Riganò, fino a quelli della Fiorentina dei sogni, da Prandelli a Toni, al fenomeno Mutu e, perché no, alla gioia calcistica del tiki-taka di montelliana memoria.
Poi ci sono quei protagonisti del calcio che attraversano il nostro tifo in maniera trasversale, quelli che si seguono o addirittura si amano come sportivi, pur non entrando a far parte in maniera diretta del nostro percorso.

Dopo l'addio al calcio nel 2013 di Sir Alex Ferguson, che per 27 anni ha rappresentato la trasposizione calcistica del cosiddetto "matrimonio perfetto", il connubio tra durata del rapporto contrattuale e vittorie, arriva l'annuncio dell'abbandono al termine di questa stagione di Arsène Wenger all'Arsenal.
La storia di questo allenatore è, a mio modo di vedere, più romantica di quella del Sir; romantica nel senso pieno del termine, nel senso letterario, nel senso artistico.
Wenger è un personaggio di Goethe, di Shelley... Wenger è il "viandante sul mare di nebbia".

La carriera del transalpino sulla panchina londinese è costellata di grandi giocatori scoperti, più che di successi. Non che il palmares sia inesistente, altroché; ma quello che mi ha trasmesso questo condottiero è un gusto per il bello, per la sofferenza, per il travaglio... un gusto per il talento.
Patrick Vieira, Anelka, Fabragas,Van Persie. Thierry Henry (indimenticabile per me un suo gol di tacco, beccato in diretta mentre facevo zapping, che mi rese un po' tifoso dell'Arsenal da allora). Questi solo alcuni dei tantissimi campioni lanciati al calcio da quell'osservatore serioso e un po' cupo che è sempre stato Arsène.

Negli ultimi anni distrutto di critiche da ogni parte, alcune giustificate, altre velenose, che sembravano ogni stagione vederlo lasciare la panchina che è stata casa sua; di questi giorni l'annuncio, ora l'addio è realtà. L'Arsenal è una squadra di grande tradizione, uno dei club più famosi al mondo, al suo posto si fanno già nomi altisonanti come quello di Ancelotti.
Paga l'evoluzione del calcio alla velocità, ai ritmi alti, alle mille partite l'anno, agli sponsor, ai risultati sempre e in ogni occasione, alla rincorsa continua a qualcosa. Wenger è uno da percorso, da viaggio fatto di fotografie e soste ai bordi sabbiosi delle strade perché il tramonto c'è solo una volta al giorno.

Ha sentito arrivare il suo, Arsène, facendosi da parte con il suo consueto charme, di chi è diventato un perfetto Lord inglese pur mantenendo il suo stile da francese. 

La risposta del calcio alla guerra dei cent'anni, la vittoria della bellezza silenziosa.

Merci, Arsène. Au revoir.