La figura del procuratore ha assunto un ruolo predominante nelle dinamiche del calciomercato moderno: i rappresentanti dei calciatori, siano essi figure legalmente preparate o semplici famigliari e amici, sono diventate figure autorevoli, veri protagonisti delle varie sessioni di mercato, arrivando a prendere le veci del calciatore stesso quando si tratta di prendere decisioni anche scomode.

Negli ultimi giorni, dopo il rifiuto di Donnarumma di rinnovare il suo contratto con il Milan, si è scatenato un vero e proprio tormentone che ha visto in Mino Raiola, procuratore del ragazzo, tacciato come unico “colpevole” della vicenda, reo di aver spinto Donnarumma ad abbandonare il Milan, quasi contro la volontà del ragazzo. Un presupposto è d’obbligo in questa storia: Raiola lo conoscono tutti come un affarista, un grande giostratore di calciatori, uno che ha sempre guardato ai soldi prima che alla crescita professionale dei suoi assistiti; su questo credo ci siano pochi dubbi, così come è indubbio che, visto il ruolo predominante che hanno assunto, molti altri procuratori forse meno noti agiscono secondo dinamiche simili, spesso però con risultati diversi da Raiola, per cui tutto si potrà dire ma non che non sappia fare il suo lavoro.

Dal mio punto di vista, la figura del procuratore ha preso piede semplicemente perché gli è stato consentito, in primis dai loro assistiti che piano piano hanno demandato scelte, anche impopolari seppur legittime come quella fatta da Donnarumma, a figure che ne fanno le veci. La colpa del livello di vuotezza di valori a cui sta approdando il calcio moderno non è da attribuire alla presenza dei procuratori, ma nella quasi totalità a calciatori diventati sempre più uomini immagine e maschere pirandelliane totalmente incapaci di opporsi ai flutti del calciomercato globale; le figure dei procuratori ci sono da molto tempo: Del Piero, Totti, Zanetti, Maldini, Buffon, De Rossi giusto per fare qualche esempio, erano e sono tutti rappresentati da procuratori che però non hanno mai avuto la possibilità di avere i loro “cinque minuti di gloria” proprio per la volontà ferrea dei loro assistiti di non voler ascoltare nessun’altra offerta aldilà di quella della propria squadra, anche in momenti dove tutto sembrava spingerli altrove; scelte che, a seconda dei punti di vista, potranno sembrare degne di lode o folli, ma comunque scelte fortemente volute dai calciatori in questione.

Un procuratore può indirizzare, può consigliare (a volte male) ma, a meno che il suo assistito non sia incapace di intendere e di volere, non potrà mai valicare quella che è una volontà: se Donnarumma non ha rinnovato con il Milan, quindi, lo ha fatto per una scelta totalmente sua; per una volontà ancora tutta da definire, di sposar progetti diversi da quelli del Milan. Che poi chi lo rappresenta non abbia fatto probabilmente nulla per farlo tornare sui suoi passi, può essere ma, come ho già scritto, ognuno sceglie da se’ con chi dividere il proprio cammino.

Giusto per rinfrescare la memoria, ricordo di altri due assistiti da Raiola che hanno anteposto la loro volontà di non cambiare squadra a quelle che potevano essere opportunità economiche o di “crescita” professionale: quando la Juventus scendeva in b, mentre un altro assistito di Raiola bravo a baciare gli scudetti non si faceva remore a passare all’Inter, Pavel Nedved manifestava al procuratore la sua volontà di scendere nella serie cadetta con la Juventus, volontà confermata qualche anno più tardi quando disse di no alle avances di Mourinho, che avrebbe fatto follie pur di averlo nella sua Inter; altro esempio è Marek Hamsik, lasciato da Raiola dopo aver rifiutato un trasferimento dal Napoli al Milan già imbandito dal procuratore italo-olandese. Questione di volontà, di fedeltà o di follia scegliete voi come declinare queste scelte, ma quello che almeno alla mia vista risulta chiaro è che alla fine il destino è sempre nelle mani dei calciatori, che hanno l’ultima parola.

Ultima parola che ha avuto Donnarumma, il quale ha ritenuto che fosse giunto il momento di levare le ancore e per il quale solo il futuro potrà dire se fu scelta saggia o meno.