Vero, verissimo: la Juventus martedì sera doveva vincere e portare a casa la partita. Chiamatela cattiva gestione della palla, rilassamento dopo essere andati in vantaggio di due gol solo dopo 10 minuti, formazione non azzeccata, insomma Allegri e company si meritano le critiche che ancora oggi ci sono e tali polemiche si concluderanno solo al riorno degli ottavi. Ma il conte Max (3 scudetti, 3 coppe Italia, 1 Supercoppa italiana e due finali di Champions, per chi non lo ricordasse), a fine partita ha fatto emergere una grossa verità che è il principio del perché il calcio italiano non emerga più a livello europeo: "gli sbalzi d'umore". Parlando della Juventus (perchè le altre italiane in Europa sono sempre state dei fantasmi da 8 anni a questa parte), il 2-2 non è un 0-8 e al ritorno potrà benissimo vincere fuori casa.

Lasciando stare il risultato questi balzi d'umore portano i tifosi e i vari ambienti calcistici (da Catania ad Aosta) ad esaltare le vittorie e ogni tanto qualche pareggio, ma nelle sconfitte e in altri pareggi noi italiani siamo tragici. Sembra che non ci sia via d'uscita, che tutto sia perso, come se il tempo e le occasioni per recuperare non ci fossero più. Ed è per questo anche che in Italia i giovani non emergono come in Germania, Spagna, Francia e Inghilterra, perché per la paura di non portare risultati a casa ci si affida sempre ad un usato garantito. In Italia ci affidiamo ancora a Buffon, Barzagli, Chiellini, De Rossi, che per carità sono dei campioni e giusto che giochino, ma è altrettanto vero che guardando all'estero giocatori come Meyer, Brandt, Mbappè, Sterling ecc. hanno già alle spalle piu di 100 partite tra i professionisti con una media di 20 partite disputate in ambito europeo.

Un altro aspetto di come gli sbalzi d'umore influiscano sul nostro calcio è l'evidente prova della mancata qualificazione al Mondiale. Fino allo scontro con la Spagna entusiasmo a mille, dopo la sconfitta al Bernabeu sono venute a mancare delle certezze, come se fossimo già fuori dal Mondiale. Motivo per cui siamo arrivati con la Svezia in una condizione mentale restia, come se la qualificazione fosse già stata compromessa a settembre. Morale della favola, un risultato 'negativo' non è una condanna, ma soltanto uno spunto per capire dove migliorare.