Qualche giorno fa si è celebrato un anno da quel Juventus-Palermo in cui vi fu l’arcinoto litigio in campo tra Allegri e Bonucci: uno spettacolo poco edificante alla vigilia del match di andata degli ottavi di Champions contro il Porto, con parole grosse volate da ambedue le parti; allora la società si trovò in difficoltà su come agire e, nella paura di andare a turbare gli animi della squadra prima di un match di Champions, decise di soprassedere sull’accaduto. A quel punto però fu Allegri a pretendere che la cosa non passasse in secondo piano e da lì una decisione che, nell’immediatezza, creò non poco rumore: il tecnico bianconero, infatti, direttamente dalla conferenza stampa di Oporto, annunciò l’esclusione punitiva di Bonucci dai convocati per il match del giorno successivo; congiuntamente, annunciò la sua volontà di auto infliggersi una multa per lo spettacolo poco lusinghiero offerto in campo li venerdì precedente.

La scelta di escludere Bonucci fu accolta dai più come una follia autolesionista: escludere l’uomo più importante nel reparto difensivo alla vigilia di una gara importante di Champions sembrava uno sconsiderato vantaggio regalato all’avversario, nonché un gesto che avrebbe potuto creare qualche inquietudine anche in uno spogliatoio seppur forte come quello bianconero; fortunatamente la Juventus riuscì a vincere quella partita, ipotecando il passaggio del turno, segnando a mio avviso uno snodo cardine dell’esperienza di Allegri in bianconero. Infatti, proprio quando la stampa descriveva quei gesti del tecnico come le conferme di un addio che, un anno esatto fa, veniva dato come certo in estate, Allegri invece poneva le basi per la prosecuzione della sua esperienza in bianconero in una veste nuova: una prosecuzione che ha visto il tecnico compiere più scelte “di polso” e, all’apparenza, impopolari e rischiose come la conferma per tutto il finale di stagione di un modulo ultra offensivo, scelta che è stata ripagata dai risultati e da una stagione macchiata solo da una finale di Champions persa. Alla fine, ad andarsene fu proprio Bonucci che aveva fatto poco prima giuramenti di fedeltà eterna e invece chi sembrava essere arrivato a fine esperienza fu confermato con un contratto pluriennale.

Non solo, da quel momento anche le scelte di chi impiegare nell’undici iniziale da parte del mister si sono fatte più decise e spesso “impopolari”: gli unici calciatori con lo status di titolari inamovibili erano e sono rimasti Pjanic, Khedira e Mandzukic, gli altri sono costantemente in osservazione e discussione; il mister non si è fatto remore a mettere in panchina anche gente del calibro di Dybala e Higuain in momenti in cui non sembravano esprimere il loro miglior calcio e le scelte, al momento, sono sempre state ricambiate da risultati positivi che hanno rafforzato la posizione di Allegri. Anche la “dialettica” del mister con la stampa si è fatta più decisa e ficcante: dalle conferenze Allegri ha spesso iniziato a lanciare forti e duri moniti all’ambiente bianconero, sia esso squadra, dirigenza o tifosi, ultimo in ordine cronologico quello, durissimo, di martedì sera dopo il pareggio casalingo contro il Tottenham. Un’accusa fortissima rivolta contro tutto l’ambiente bianconero, colpevole secondo il mister di vivere troppi alti e bassi il cammino della squadra in Champions.

Questa nuova immagine di un mister “uomo forte” è stata ricalcata dallo stesso Allegri quando, per giustificare la sua gestione di Dybala in alcune partite, si paragonò alla gestione di Del Piero fatta da Capello, “uomo forte” per antonomasia. Che Allegri abbia deciso di imprimere una svolta nella gestione di squadra e comunicazione, al netto dei risultati che la squadra sta ottenendo, può anche essere un fattore positivo; il mio augurio è che il comportamento dell’allenatore non passi da “forte” per non dire “autoritario” a dispotico, perché una Juventus a guida Allegri, che con la sua saggezza tattica e di gestore di spogliatoio, compie il cammino che ha fatto in questi anni la vorrei sempre; diversamente, credo che una guida con Allegri uomo solo al comando penso non possa portare da nessuna parte.

In particolare, la gestione che sta attuando l’allenatore nei confronti di Marchisio la reputo insensata, intrisa di cocciutaggine tipica del peggior Allegri (quello che “tanto poi alla fine faccio come voglio io”) e velatamente crudele nei confronti di un calciatore che per la Juventus ha sempre dato tutto; che i titolari siano altri lo accetto, ma che Marchisio sia stabilmente nelle gerarchie dietro a Sturaro e Bentancur non lo posso pensare. Così come non smetterò mai di pensare che, ad esempio nella partita di martedì, Marchisio non avesse potuto dare un contributo nell’economia generale della gara. Non sto sindacando sulle scelte di carattere tecnico sulle quali ripeto, finché i risultati daranno ragione al mister, c’è ben poco da dire; detto questo, mi piacerebbe sapere il motivo per cui, da un anno a questa parte, Marchisio è come se non esistesse più per il mister. Sono solo ragioni tecniche (dubito), ci sono delle ragioni fisiche o c’è altro dietro? Questo credo che Allegri lo debba spiegare a noi tifosi (e non alla moglie di Marchisio), perché da esterno mi sembra che questa cosa stia prendendo velature sempre più irrispettose nei confronti di un calciatore e di un uomo che, oltre che ribadire il suo amore per il bianconero, si è sempre fatto trovare pronto. Mi perdonerà il mister se fatico a pensare che, con tutto il rispetto che ho per Sturaro, le mansioni compiute ieri dallo stesso non la avesse potute espletare anche Marchisio. Il cammino di Allegri sta proseguendo nel migliore dei modi, tuttavia a mio modesto parere dovrebbe prestare molta attenzione ad alcuni comportamenti che, da un anno a questa parte, sono un po’ cambiati da parte sua. Perché alla Juve servono uomini forti in grado di portare la barca in porto, non despoti.