La prima grande emozione di domenica scorsa, nel pre-derby, è stata la presenza in tribuna di alcuni eroi del triplete ed in particolar modo è stato vedere colui che dell’Inter è stato l’anima per 10 anni, dal 2004 al 2014. Anni conditi da 5 scudetti, 4 coppe italia, 4 supercoppe italiane, una Champion League e un campionato del mondo per club, 431 presenze, 51 gol: naturalmente Esteban Cambiasso.

Arrivato a parametro zero dal Real Madrid, il calciatore argentino si è subito imposto per le sue doti di centrocampista completo e per la sua serietà, dentro e fuori dal campo. Mai una parola fuori posto, una dedizione totale alla causa, l’emblema dell’impegno e della professionalità.
Riassumere in poche righe la storia di Cambiasso all’Inter è impresa impossibile ma lui, al pari di grandi campioni come Facchetti, Mazzola, Bergomi, Zenga, Oriali, Zanetti e pochi altri fa parte ormai della leggenda del club.
Vorrei ricordare la scena del marzo 2012 quando a Catania in evidente difficoltà venne sostituito da Ranieri e si accomodò in lacrime in panchina nascondendo la testa sotto un asciugamano, dimostrando tutto il suo attaccamento alla maglia e la sua frustrazione per il non riuscire a dare alla squadra tutto il suo apporto. O quando nel settembre del 2011, nel breve periodo di Gasp, durante Novara-Inter, capendo che la squadra non riusciva a giocare come il mister chiedeva, ordino’ a Ranocchia e compagni di riposizionarsi a 4. Molti la giudicarono un’insubordinazione nei confronti dell’allenatore ma io ci vidi una difesa dei propri compagni e della propria squadra da colui che in quel momento usurpava le loro certezze.
Dopo l’addio all’Inter, deciso dai nostri dirigenti nel 2014 nel tentativo maldestro di ringiovanire la rosa, di lui si erano un po’ perse le tracce,  emigrato un anno a Leicester (dove viene eletto giocatore dell’anno) e 2 anni all’Olympiakos Pireo (con 2 campionati vinti).
Nell’intervista in cui dice ‘non sono mai andato via’ riassume la straordinarietà e l’interismo del personaggio, così come vederlo abbracciare Zhang Junior con evidente slancio di entrambi mi è sembrata la scena del figlio che ritorna a casa e abbraccia il nuovo fratello adottivo.

Mi ha fatto pensare ad un possibile scenario per il futuro con Zhang Jr. proprietario, Zanetti presidente e Cambiasso allenatore (alla Simeone) per almeno 10 anni. Si perché rivedere lui, che è sempre stato l’allenatore in campo, allenatore in panchina sarebbe il coronamento di un percorso naturale e di una bella storia d’amore.

Quest’anno abbiamo imparato a conoscere un calciatore che Cambiasso ce lo ricorda molto, non solo per la stessa capigliatura (si fa per dire) ma anche per la posizione che occupa, per i suoi movimenti, per il suo non risparmiarsi mai. Quando guardo Borja Valero un po’ mi sembra di rivedere l’ex numero 19 e già questa è una grande emozione.
Certo lo spagnolo ha già 32 anni e quindi non avrà il tempo di raggiungere i numeri impressionanti di presenze e di titoli vinti dell’argentino ma sarebbe già un segno importante per il popolo nerazzurro se riuscisse a trasmettere la sua professionalità e la sua dedizione alla causa a quei compagni più giovani, come faceva il grande Esteban.