Ma porca puttè. S’è dimesso Tavè! Evvabbè.

No, un attimo. Non va bene niente. Non va bene come si è dimesso. Non va bene quando si è dimesso. Non va bene perché si è dimesso.

Si è dimesso per atto politico, e lo ha detto per più e più volte in quell’allucinazione che ha esternato come discorso di addio. 
Un atto politico che dovrebbe lasciare stupiti, perché lui, sportivamente, ha dato l’anima.

Lui che sportivo è sempre stato, lo si vede dal fisico asciutto e longilineo e lo si legge nel suo curriculum.

Lui che si era appropriato della Lega con un colpo di mano guidato dalla Lega Dilettanti e dalla Lega Pro, dove aveva fatto il bello e cattivo tempo per diversi lustri, preparandosi la strada per quello scranno a cui si è cementato con promesse mai mantenute in questi anni.
Perché di fallimento politico si tratta, non sportivo. Sportivamente, infatti, ci troviamo di fronte ad un gigante che ha riformato, rilanciando, il calcio italiano.

Davanti a chi ha promesso di portare il numero di squadre in Serie A da 20 a 16, poi a 18, poi son rimaste 20. Davanti a chi non ha mai fatto mancare il proprio appoggio alle squadre di Serie A, che lo vedevano sempre sugli spalti quando andavano a giocare contro l’Inter a Milano. Davanti a chi ha sostenuto a gran voce il movimento femminile di calcio, “quelle quattro lesbiche” (cit.). Davanti a chi ha difeso strenuamente gli omosessuali nei suoi discorsi. Davanti a chi ha fatto di Optì Pobbà un nuovo eroe del calcio del nuovo millennio.

E poi ci si chiede perché si sia dimesso Tavecchio ?
Lui è convinto di aver sbagliato solo a non esonerare Ventura nell’intervallo della partita di Milano. E a non mettere a suo posto il bibitaro. Che tanto non avrebbe potuto far peggio. Che poi ha sbagliato effettivamente. Perché gli aveva rinnovato il contratto senza motivo dopo la figuraccia con la Macedonia e dopo aver visto che non lo appoggiava più nessun giocatore. Esonerandolo nell’intervallo della partita di Milano, la Nazionale non sarebbe ancora stata fuori dai Mondiali e quindi, invece della sola indennità prevista – già scandalosa di per sé visto il suo operato – gli sarebbe spettato l’intero stipendio.

Bravo Tavecchio, di sport capisci poco, ma di leggi meno. 
Tavecchio che ha scaricato Ventura tirando lo sciacquone per salvarsi la poltrona. 
Tavecchio che: “Ventura e io faremo grandi cose per non farci dimenticare.” (e infatti chi vi dimentica) e poi: “Ventura non l’ho scelto io, l’ha scelto Lippi.” (e allora a te cosa ti pagavamo a fare?).
Tavecchio che “Ha spostato gli equilibri.” (non si incazzino i Milanisti, l’ha detto lui), che di questo periodo non porta proprio bene, come Bonucci insegna.
Tavecchio che è amato dai “Ragazzi”, quelli con cui ha passato “un mese a giocare a boccette in Francia.”. Epperdio, se non è sport questo. Un Presidente che definire rustico e anacronistico è essere gentili. 
Dice: “Secondo voi perché sono arrivate quattro squadre in Champions? Perché Uva è vicepresidente della Uefa? Chi ha fatto questa operazione?”
Bravo! Se fosse stato un fatto sportivo, avremmo avuto quattro squadre in Champions perché si erano qualificate. Invece abbiamo dovuto maneggiare sottobanco per far cambiare le regole e far rientrare nel giro dei soldi gli amici degli amici. Perché tu avresti dovuto rimettere a posto un sistema che, a regime, avrebbe dovuto avere un campionato competitivo, venduto all’estero, con diritti TV in grado di mantenere economicamente le squadre italiane al livello di Inglesi, Tedesche e Spagnole e con un ritorno di immagine in grado di attrarre i campioni e i capitali stranieri. Invece hai fatto cambiare le regole, come il peggio della politica italiana. Bravo Tavecchio.
E chi ti difende per questi comportamenti? Il Robin Hood del calcio, il Che Guevara delle panchine, il Marx degli allenatori: Renzo Ulivieri. Quello che è sempre stato pronto a scagliarsi contro i poteri forti, per difendere i deboli e gli oppressi. Ma forse i poteri forti contro cui scagliarsi, come dimostra questa sua ultima presa di posizione, li sceglieva per convenienza.

Dice Tavecchio: “Pensate che a 74 anni abbia bisogno di stare attaccato a una sedia?” Noi pensiamo che, a 74 anni, tu debba stare attaccato ad una sedia a dondolo guardando i tuoi nipotini. E ci chiediamo chi, su quella sedia a cui non vuoi stare attaccato, ma che nessuno riusciva a toglierti da sotto le chiappe, ti ci abbia messo e, soprattutto perché.

E adesso ci auguriamo che ci siano dei cambiamenti, perché proporre Franco Carraro, di anni 77, sembra una cosa quantomeno risibile.
Sarebbe ora di avere il coraggio di cambiare qualcosa, di scegliere qualcuno di nuovo e capace (e non perché ha giocato una decina d’anni in serie A). Sarebbe il momento di riforme serie, in primis una riforma che togliesse a Lega Dilettanti e Lega Pro il 70% dei voti di una Lega dove incidono per meno dell’1 per mille sul fatturato. Altrimenti non avremo mai persone competenti “sportivamente”, ma solo conniventi politici attaccati alla poltrona.

Quindi addio Tavecchio, che già l’idea di quanto ti intascherai di pensione tutti i mesi mi fa accapponare la pelle, soprattutto se penso a chi, dopo aver lavorato una vita 10 ore al giorno, di pensione prende 1000 euro al mese.
E una poltrona non può permettersela nemmeno a casa a 74 anni, a meno di andarla a comprare all’Ikea. 
E tu e Ventura siete riusciti anche a fargli andare di traverso la poltrona dell’Ikea.