Alternanza giorno/notte ogni 12 ore. Rivoluzione terrestre ogni 365 giorni. Singolarità bisestile ogni 4 anni. Ce lo ricordano persino le donne, circa ogni 28 giorni, con la loro sprizzante vivacità e quel gran buon umore che contraddistingue il momento: la ciclicità della vita è un fattore reale, consistente, destinato a perdurare nel tempo e a ripetersi inesorabile. La vita, il calcio, che differenza vuoi che faccia? Il "per sempre" è una credenza irreale, da sempre, che traballa perpetua sul sottile filo dell'eternità. Con buona pace di chi, da qualche parte nel mondo, stia cercando nell'ibernazione un ritardante per l'anima e di chi, tra i supporters della Juventus, si stia convincendo di restare "FinoAllaFine" ai vertici d'Italia e d'Europa. E' di questa mattina la notizia che vede la Juventus Football Club in prima posizione nel Ranking Uefa, davanti all'Atletico di Madrid, al Bayern Monaco, al Barcellona, al Real Madrid. Davanti a tutte. Seppur le soddisfazioni debbano essere altre, è comunque un dato incontrovertibile che, tra i confini nostrani, non si era mai assistito ad un ciclo vincente così duraturo, anno dopo anno: sei anni nei quali sono stati raccolti consecutivamente 11 trofei, tra Scudetti (6), Coppe Italia (2) e Supercoppe Italiane (3). Per gli scaramantici autorizzo il gesto autotropaico: come potrete constatare ho già dato la Juventus per vincente in campionato anche per quest'anno. Per Coppa e Supercoppa, a scanso di ritorsioni, mi astengo. A fortificare e ad allungare il grande ciclo della società piemontese rispetto alle altre squadre e agli altri notevoli periodi che nella storia italiana si sono succeduti, il fattore "stadio di proprietà" non può essere considerato ininfluente o di poco conto. Per taluni - tra opinionisti d'eccezione ed addetti ai lavori - è stato addirittura il quid più determinante nel senso assoluto, capace di permettere alla dirigenza bianconera di progettare, guadagnare e reinvestire sul comparto tecnico con più fluidità. Ce lo dicono i giornali, ce lo dicono alla tv. Lo Juventus Stadium ha cambiato tutto. Di pari passo i risultati sportivi sul rettangolo verde hanno contribuito a tutto il resto. Chiodo, cornice, quadro. Smagliante. Ma se realmente, più di ogni altro aspetto, è stato uno stadio a generare e inanellare una serie di traguardi economici e sportivi senza eguali, come mai nessuno sta prendendo realmente sul serio le due distinte e facoltose proprietà cinesi che hanno messo le mani sulla Milano del calcio? L'indebitamento di Li Yonghong e l'incompetenza sulla sponda nerazzurra nei primi acquisti di Joao Mario e Gabriel Barbosa hanno fatto più notizia. Le ironie facili, lo storpiamento scritturale e quant'altro hanno condito un periodo di transizione che determinerà, senz'altro, degli effetti per molti inaspettati. Tentiamo di dirci, con l'assoluta neutralità di sempre, Le Cose Come Stanno: i calciatori invecchiano, le squadre cambiano, gli investimenti sbagliati capitano e i risultati ingrati possono arrivare a sancire la fine di un lungo capitolo. L'avanzata di due gruppi d'investitori non può che favorire le sorti di un nuovo inizio, una nuova alba sul prossimo quinquennio che ci aspetta. Si guarda ai cinesi esclusivamente come businessman, approdati a Milano per arricchirsi e rivendere in breve tempo, senza una reale convinzione d'instaurare un ciclo. Ci si interroga su quale sia il "bene" di Milan ed Inter, delle difficoltà che arriveranno, delle incomprensioni tra i vari ruoli, dell'appeal sul mercato. Si parla di una svendita in termini patriottici ad un popolo straniero. Si parla di un fallimento annunciato. Forse, più semplicemente, si parla troppo. Basterebbe imparare a guardare con fiducia e con gli occhi del domani. Aspettare, meditare, dare spazio, modo e tempo di lavorare a chi si sta inserendo con la voglia di fare e di cambiare le cose. Basterebbe cogliere nella Cina che avanza un'opportunità di crescita per tutto il calcio, per la competizione stessa, per le rivalità, per le partite che finalmente torneranno a tenerci col fiato sospeso. Per l'interesse collettivo e per l'appeal di tutta la Serie A. Per il "bene" effettivo del nostro calcio, nel suo insieme. Probabilmente potrebbero anche aver ragione tutti coloro che s'accingono a smantellare ciò che ancora non è stato costruito, "a pensar male si fa sempre bene", diceva qualcuno. Probabilmente, dietro alle teorie più catastrofiche, sono convinto che si nasconda nient'altro che la paura. La paura dell'equilibrio. MC