Il rapporto calciatori sotto tiro fotografa l'Italia del calcio violento che vede i calciatori come protagonisti, questa volta, ma non nel senso del gioco, ma nel senso di essere vittime di gruppi delinquenziali organizzati e non. Nel rapporto si evidenzia che i calciatori continuano ad essere sotto tiro: minacciati, intimiditi, offesi e fatti oggetto di violenze fisiche. Non solo in Italia, ma anche all’estero, in campionati professionistici e dilettantistici, così come nelle competizioni di coppa nazionali e internazionali. Lo confermano i fatti e i dati che, per il quarto anno consecutivo, l’Osservatorio istituito da AIC ha censito in questo Rapporto, focalizzatosi sul campionato 2016/2017.
Dopo la denuncia emersa sulla problematica delle mafie e della criminalità organizzata nel calcio, ora il quadro si chiude con questa violenta fotografia.

Emerge il problema delle tifoserie 

"Più che un supporto, tante tifoserie sono diventate una vera e propria minaccia, delle associazioni a delinquere, strutturate e dotate di un codice di condotta e di un rilevante potere economico – si pensi alla gestione dei biglietti e al merchandising ad esempio – di un potere ricattatorio e di influenza sulle società, come hanno attestato le inchieste svolte in tempi recenti da alcune Procure italiane e dalla stessa Procura federale della Figc ed è stato scritto, “nero su bianco”, dalla Commissione parlamentare antimafia nella citata relazione."

Serie A bersaglio preferito

Nel campionato di calcio 2016/2017 si è registrata una leggera diminuzione dei casi di intimidazione e di minaccia nei confronti dei calciatori rispetto al campionato precedente. Su 74 “situazioni” censite –da considerarsi come un singolo evento (es. una partita o unallenamento) – le “azioni” intimidatorie e violente messe in atto sono state 114, il 2,5% in meno rispetto al campionato 2015/2016.Nel 75% dei casi, in pratica due volte su tre, i calciatori finiti nel mirino hanno giocato in un campionato professionistico. Tra questi sono stati soprattutto quelli di Serie A ad essere stati maggiormente colpiti – 52% dei casi – seguiti da quelli della Lega Pro (15% dei casi) e da quelli di Serie B (9% dei casi).

In Lega Pro i casi più gravi

In Lega Pro i casi più gravi si sono verificati nei confronti dei giocatori delle squadre dell’Ancona, del Catanzaro, del Matera e del Taranto, dove si sono registrate aggressioni particolarmente violente, anche armate, compiute da gruppi di ultras, che hanno visto certi atleti costretti al ricovero in strutture ospedaliere.In Serie B sono finite nel mirino le squadre dell’Avellino e del Brescia, “punite” per una serie di sconfitte consecutive riportate dalle due squadre; quella del Verona, contestata da 200 ultras al centro di allenamento di Peschiera del Garda; il Vicenza, dove due giocatori di colore della squadra biancorossa sono stati fatti oggetto di cori razzisti da parte degli ultras del Verona, la cui squadra, poco prima dell’inizio della partita, ha visto danneggiato il proprio pullman; un giocatore della Ternana, Gaetano Monachello, a cui è stata danneggiata l’auto; un giocatore di colore dell’Inter in prestito al Cesena, Isaac Donkor, offeso per motivi razziali sui social network per una foto con il governatore del Veneto, Luca Zaia. Infine, pur essendo un fatto riferito all’inizio del campionato in corso, vista la gravità della situazione, è stato ritenuto opportuno riportare in questo Rapporto anche quanto accaduto a Palermo nel mese di luglio di quest’anno, dove un nutrito gruppo di ultras ha impedito ai giocatori di svolgere il primo allenamento della stagione. Il 25% delle minacce, delle intimidazioni e delle violenze – 1 caso su 4 – si è verificato nei campionati dilettantistici, in particolare in Serie D, Promozione ed Eccellenza, dove si è registrato complessivamente il 15% dei casi censiti.

Aggressioni anche sul terreno di gioco

Situazioni critiche si possono verificare anche sul terreno di gioco. Gli insulti, soprattutto di tipo razzista accompagnati da gesti politicamente ben connotati e vietati dalla nostra Costituzione, sono arrivati ad alcuni calciatori anche da parte di loro colleghi. È accaduto a Bazzano, nel campionato di seconda categoria bolognese, dove un calciatore ne ha insultato un altro di colore facendo anche il saluto fascista. Nel campionato di Eccellenza, a Tortona, un calciatore è stato squalificato per 10 giornate per comportamento discriminatorio e la sua società ha chiesto pubblicamente scusa al giocatore di colore oggetto delle offese razziste. Altre società, in particolare nei campionati dilettantistici, hanno preso una posizione pubblica di fronte a questo tipo di situazioni.

In relazione alla tipologia degli atti minacciosi, intimidatori e violenti messi in atto, per il campionato 2016/17 il primato spetta ai cori razzisti – 1 caso su 3 – indirizzati principalmente nei confronti di calciatori di colore, sia nei campionati professionisti che dilettantistici, 30% cori, 19% insulti,17% aggressioni, 14% striscioni, a seguire altre modalità

Tra i casi più noti si ricordano: Muntari, Kalidou Koulibaly e Amadou Diawara del Napoli, Baldé Diao Keita e Romelu Menama Lukaku della Lazio, Mehdi Benatia della Juventus, insieme ad Antonio Rüdiger, calciatore della Roma e della nazionale tedesca,tutti bersaglio di razzisti e cori razzisti.

Il Sud Maglia nera per le aggressioni

Sono state 16 le regioni e 33 le province in cui si sono verificati atti minacciosi, intimidatori e violenti contro i calciatori. Il Mezzogiorno (isole comprese) si conferma l’area geografica dove si registra il maggior numero di azioni (40% dei casi), anche se, rispetto al campionato 2015/16, la distanza con le regioni settentrionali si è assottigliata. Al Nord, dove si è verificato il 37% delle azioni intimidatorie, ad essere oggetto della furia ultras sono stati soprattutto giocatori di squadre di Serie A.Il Lazio, tuttavia, resta la regione più pericolosa dove giocare a calcio (13%), seguita dalla Lombardia (12%) e dall’Abruzzo (10%) che, considerata la differenza di popolazione con le altre due regioni, costituisce la regione con il maggior tasso di rischio percentuale di questa edizione. Chiudono la classifica, come regioni più “tranquille”, l’Umbria e la Calabria (rispettivamente con l’1% dei casi).Zero casi in regione come il FVG.

Tra le aggressioni più gravi, che hanno costretto i calciatori anche ad interventi di tipo sanitario e all’assenza dal campo per diversi giorni si rammenta, innanzitutto, quella verificatesi in Basilicata e subita da Marino Bifulco e Mirko Carretta del Matera, squadra di Lega Pro. I due giocatori sono stati insultati e picchiati sotto casa del primo, alla presenza dei suoi famigliari. Portati all’ospedale gli è stata diagnosticata una prognosi di 30 giorni. Altro grave episodio si è verificato in Puglia, a Taranto, nel mese di marzo, quando una trentina di persone incappucciate ha fatto irruzione nel campo d'allenamento, minacciando e aggredendo con calci, pugni, schiaffi, mazze e coltelli i calciatori della squadra pugliese. In particolare, sono stati presi di mira i giocatori Maurantonio, Stendardo e Altobello

Un’altra aggressione particolarmente grave si è verificata, sempre a marzo, nei confronti della squadra dell’Ancona. Alla fine dell’allenamento, una ventina di ultras hanno cominciato ad offendere a prendere a sberle e spintoni i calciatori a causa del fatto che la squadra era penultima in campionato e il rendimento è stato giudicato insoddisfacente. In particolare è stato preso di mira il calciatore Michele Paolucci che aveva avuto un diverbio con alcuni supporter nella partita contro il Matera. Nessun rappresentante della società era presente al momento dell’aggressione.